Questo sito utilizza i cookie per garantirti la migliore esperienza di navigazione.

PANDIT PANNALAL GHOSH

  

Pandit P. Ghosh

Pandit Pannalal Ghosh

Nato a Baribal, Bangladesh, il 31 luglio 1911. Amulya Jyoti Ghosh, soprannominato Pannalal, era una bambino prodigio. Ereditò il suo amore per la musica e per il bansuri da suo nonno, Hari Kumar Ghosh, che suonava il sitar, le tabla e il pakhawaj, e da suo padre, Akshay Kumar Ghosh, che gli insegnò il sitar. Inoltre, il giovane entrò nel mondo musicale anche grazie agli insegnamenti dello zio Bhavaranjan Mazumdar, vocalista. La famiglia abitò prima nel villaggio di Amarnathganj ed inseguito traslocò nella città di Fatehpur.

 Due incidenti decisivi accaddero al giovane Pannalal che ebbero una forte influenza nella sua vita futura. All’età di nove anni, alla ricerca di un bastone, Pannalal trovò un flauto che galleggiava sul fiume. Così il bambino cominciò il suo rapporto col bansuri. Due anni dopo, a undici anni, Pannalal incontrò un sadhu che teneva in mano una conchiglia e un flauto. Questi gli chiese se fosse capace di suonare il flauto e il giovane lo suonò. Allora il sadhu gli donò il flauto e gli disse che la musica sarebbe stata la sua salvezza.

 Vi erano agitazioni politiche nel 1928, e ciascun giovane era preso dal movimento di liberazione. Pannalal partecipò anche a questo movimento; si iscrisse in un ginnasio dove imparò le arti marziali, il pugilato, il combattimento col bastone e cultura fisica. Era davvero appassionato della cultura fisica; egli divenne il miglior studente e il campione di quel ginnasio. All’età di 17 anni, Pannalal lasciò Baribal e andò a Calcutta in cerca di fortuna. Nella brulicante metropoli si trovò senza alcune credenziali eccetto il fatto di esser stato un campione di pugilato del Bengala. Grazie a questa abilità di pugile ed esperto in arti marziali, trovò lavoro come allenatore in un club sportivo. In questo periodo, Pannalal, che già suonava il sitar, iniziò a concentrarsi sul bansuri. Le strettezze economiche lo spinsero a suonare per i film muti di Calcutta.

 Alla All India Music Competition Pannalal incontrò il direttore musicale e compositore Anil Biswas e cominciò a suonare nelle sue produzioni musicali. Fu proprio durante una di queste produzioni che Pannalal sentì necessità di avere un flauto più grande, la cui intonazione ed il cui suono fossero adatti sia alla musica leggera che a quella classica. Incontrò un anziano musulmano venditore di giocattoli che era anche competente nel costruire i flauti; col suo aiuto Pannalal fece esperimenti con vari materiali inclusi il metallo e vari tipi di legno, ma decise che il bambù era ancora il miglior mezzo per uno strumento più grande.

 Alla fine scelse un bansuri lungo circa ottanta centimetri, col Sa (tonica) sul kalidoe (il secondo tasto nero sull’harmonium). Poiché un flauto di tali dimensioni era sconosciuto, si diffusero pettegolezzi che Pannalal avesse subito un’operazione per tagliare la palmatura delle dita. Ovviamente, essi erano infondati. Pannalal, grazie a una meticolosa pratica, inventò e perfezionò una tecnica che permetteva di suonare il grosso strumento. In questo periodo, egli prendeva il bambù per costruire i suoi flauti dai materiali di imballaggio trovati a Diamond Harbor, il porto di Calcutta. La deforestazione, infatti, non aveva ancora distrutto la giungla intorno a Calcutta. Pannalal praticava intensamente e perfezionava la tecnica della musica vocale sul flauto.

 Divenne famoso per il suo stile sul flauto e iniziò a dare concerti alle maggiori conferenze musicali. In quel periodo venne in stretto contatto con grandi maestri quali Ustad Inayat Khan (sitar), Dabir Khan (been), Amir Khan (sarod), Badal Khan (sarangi), e vocalisti come Ustad Faiyaz Khan, Ustad Abdul Karim Khan, Ustad Majid Khan, Pt. Tarapoda Chkraborty, Pt. Bhismadev Chattopadhyay e molti altri.

 Nel 1936 Pannalal Ghosh cominciò a lavorare con Raichandra Boral, direttore del famoso “New Theter”, e un anno dopo incontrò il suo primo guru, Kushi Mohammed Khan - il Mago dell’Harmonium. Nel 1938, come direttore musicale della compagnia di ballo del regno principesco di Seraikella State, Panna Babu (com’era chiamato affettuosamente) era uno dei primi musicisti classici a visitare l’Europa per suonarvi, cosa che però trovò piuttosto inquietante. Poco dopo il suo ritorno in India, il suo guru morì. Allora incominciò a studiare da Girija Shankar Chakravarti. Nel 1940, Pannalal traslocò a Bombay, seguendo il consiglio del suo primo discepolo Haripada Choudhary, che vi abitava. Qui divenne membro dello studio cinematografico “Bombay Talkies” e suonò in diversi film. Sua moglie, Parul Biswas, (sorella di Anil Biswas), era una aggraziata cantante di Kirtans.

 Pannalal Ghosh incontrò per la prima volta il leggendario Ustad Allauddin Khansahib nel 1946, quando questi visitò Bombay col suo discepolo, Pandit Ravi Shankar. Inizialmente, quando Pannalal chiese ad Allauddin Khan di insegnargli, il maestro rispose: “Tu sei già grande, non devi studiare ancora”. Pannalal però continuò ad implorarlo perché voleva apprendere “la vera musica” fino a che, nel 1947 venne esaudito: Baba Allauddin Khan, convinto della sincerità del suo desiderio, lo accettò come discepolo. Così Pannalal seguì il suo nuovo guru a Maihar, dov’egli abitava, e ricevette da Khansahib un intenso insegnamento per i successivi sei mesi. Sotto la guida severa ma comprensiva di Baba Allauddin, Pannalal Ghosh diventò il genio della canna di bambù.

 Pannalal divenne famoso grazie ai suoi regolari concerti radiofonici alla All India Radio, e alle sue esibizioni dal vivo ai festival musicali di tutta la penisola indiana. I grandi cantanti Ustad Fayaz Khan e Pandit Omkarnath Thakur apprezzarono molto la sua musica e gli chiesero di accompagnarli col bansuri. Fu lodato per la sua grande abilità nell’adattare il bansuri al khayal-ang-gayaki (lo stile classico vocale), fortemente influenzato dal grande maestro del Kirana Gharana, Ustad Abdul Karim Khan. Pannalal incorporava nel suo stile alap, dhrupad-ang-gayaki, tantrakari, jhala, thumri, dadra e musica popolare.

Molto abile con le tabla e col ritmo, Panna Babu suonava tala (ritmi) difficilissimi, come Jhoomra e Tilwara. La sua musica era inondata di devozione ed aveva un elemento intangibile ed etereo, un’immensa profondità emozionale, ed era infusa di una profonda spiritualità. Oltre ad introdurre nella musica classica indostana un flauto di dimensioni maggiori, Pannalal Ghosh è considerato l’inventore del bansuri basso, e colui che ha introdotto la tampura a sei corde e il surpeti (o sruti box). Egli creò e rese noti alcuni nuovi raga come Deepawali, Pushpachandrika, Hansanarayani, Chandramauli, Panchavati e Nupurdwani, oltre che numerose composizioni in molti raga famosi.

 Panna Babu praticava la meditazione quotidianamente ed osservava il voto di non parlare il giovedì. Prese i voti di Ramakrishna e mise la sua fede nella musica. Prese il Mantra Diksha dallo Swami Birjanandji Maharaj che era un discepolo diretto di Vivekananda. A causa della sua intensa pratica spirituale iniziò a perdere interesse per la vita mondana e decise di diventare un Sannyasi (rinunciante). Quando espresse questo desiderio al suo guru, Swamiji gli disse che avrebbe ottenuto la liberazione (Moksha) solo attraverso la musica. Doveva praticare la musica tanto religiosamente quanto la sua pratica spirituale. Infatti la sua musica mostrò una totale spiritualità, semplicità e purezza.

 Pannalal Ghosh continuò a comporre e registrare musica per film, ma iniziò a trovare quel tipo di attività spiacevole. La sua impressionante interpretazione del Raga Darbari Kannada durante il programma nazionale della All India Radio nel 1956 gli procurò un’ulteriore acclamazione; e in quel periodo B.B Keskar, direttore dell’emittente, gli procurò una posizione come compositore-conduttore dell’Orchestra Nazionale Indiana e come produttore presso l’AIR in Delhi. Egli tenne questo posto e conservò la sua devozione alla musica classica indiana attraverso il flauto di bambù fino alla sua morte, giunta prematuramente a causa di un attacco cardiaco, il 20 aprile 1960 a Nuova Delhi.

Lasciò la sua eredità musicale nelle mani capaci dei suoi principali discepoli: Haripada Choudary, Devendra Murdeshwar, V.G. Karnad e Nityanand Haldipur.

Intervista a Raghunath Seth

Intervista a Raghunath Seth, discepolo di Pannalal Ghosh

di Sarika Ravindran

Panditji, ci dica il motivo per cui ha iniziato a studiare il flauto. Come è stato introdotto in questo strumento?

Lo strumento mi affascinava da quando ero un bambino. Il suo suono era qualcosa verso cui mi sentivo naturalmente attratto. Sebbene nessuno nella mia famiglia studiasse il bansuri, eravamo una famiglia amante della musica. Così tutto iniziò quando presi in prestito un flauto ed iniziai a suonare delle melodie popolari, semplicemente perchè mi piaceva.

Che età aveva quando iniziò a praticare?

Circa 11 anni. Ma iniziai soltanto imitando le canzoni dei film. Ascoltare le registrazioni era solo un'attività molto piacevole, ma la serietà dello studio venne gradualmente, mentre realizzavo che ero molto attratto dallo strumento. Successe quando iniziai ad imparare da Ratanjankarji e Pannababu (Pandit Pannalal Ghosh) in Bombay, era il 1951.

Così si trasferì da Gwalior a Bombay dove studiò sotto il famoso flautista Pannalal Ghosh.

Sì, mio padre stava lavorando nell'ufficio di un agente politico nel periodo pre-indipendenza, a Gwalior, ed era un lavoro trasferibile, così andammo via da Gwalior, e nello stesso periodo io iniziai a prendere il flauto seriamente, e studiare sotto Ratanjankarji e Pannababu.

Quale crede sia la sfida per un musicista classico, in opposizione alle altre forme musicali?

Bè, lei vede che ciò che distingue la musica classica è che non c'è fine in essa. E' una combinazione di applicazione della propria facoltà creativa, per produrre frasi musicali con l'immaginazione, e di capacità di stare dentro il ritmo, le note, l'intonazione ... tutto questo insieme per creare la musica. Una sintesi di parecchi fattori complicati ciascuno dei quali presuppone un profondo, interminabile studio. Si pensa sempre a nuove strade, nuovi canali di creatività nell'offrire la musica, molti dei quali avvengono spontaneamente mentre si suona: questo rende la musica classica assai stimolante.

Com'era il suo rapporto con Pannalal Ghosh ... quali furono le sue influenze nella sua musica ... qualcosa di importante nel suo insegnamento musicale che l'ha colpita?

Era un grande concertista, senza dubbio il migliore del suo tempo. Una personalità pionieristica che portò il flauto nel mondo concertistico classico. Ma la mia personale esperienza nello studiare sotto di lui, mi fece capire meglio il flauto e sperimentare più possibilità. Per esempio, il flauto non dovrebbe essere ristretto solamente a suonare il Khayal, per cui ho iniziato a mischiare il Tantrakari Ang con lo stile Khayal intorno al 1955. Sotto la guida di Pannababu, credevo ci fosse moltissimo da tirare fuori dallo strumento.

Lei in Occidente è stato sia insegnante che concertista. La fruizione occidentale è differente da quella dell'India in termini di apprendimento, comprensione ed identificazione con la musica indiana?

Per via della tradizione, gli indiani sono consapevoli della loro musica, c'è una lunghezza d'onda che in qualche modo collega il concertista al pubblico. Tuttavia in India è anche presente una sovraesposizione degli artisti, a causa della quale la tendenza generale si muove meno verso l'interesse e l'apprezzamento e maggiormente verso la critica, poichè gli artisti sono già stati ascoltati innumerevoli volte ... è vero che la serietà ed il modo corretto di ascoltare si vedono maggiormente in Occidente. Dopo tutto , la musica è ciò che riguarda la creazione di bei suoni. La grammatica viene dopo. Qualsiasi cosa suoni bene all'orecchio è apprezzata, ed il pubblico occidentale è sveglio in questo. Esso ascolta con cura e serietà, ed apprezza la musica a prescindere dall'aver eseguito una certa tecnica o linguaggio. Queste cose per gli occidentali sono secondarie, per loro la musica in termini di qualità viene prima del resto.

E riguardo all'insegnamento agli studenti occidentali ... com'è stata l'esperienza di aver insegnato in università come Oxford e Cambridge?

Penso che all'estero gli studenti di musica abbiano un modo di vedere molto serio, sono sempre ben preparati, non c'è mai perdita di tempo; però allo stesso tempo devo sottolineare che in India gli studenti crescono con una costante esposizione ed affinità per le melodie indiane. Questo è qualcosa che viene molto più tardi agli studenti occidentali ... succede, ma in ritardo. In certi casi il fatto di non conoscere il linguaggio può essere un serio ostacolo per loro, ad esempio se uno sta imparando un Thumri nella musica vocale, diventa difficile riprodurlo senza conoscere il significato del suo contenuto. Ma a parte queste cose, insegnare in Occidente è un'esperienza davvero soddisfacente.

Lei pensa che la musica indiana sia qualcosa che è possibile insegnare in classe contrariamente al sistema guru-shishya-parampara, dove l'insegnamento è individuale, naturale?

Non credo, la musica indiana non può essere portata al cento per cento nelle classi, è un insegnamento che avviene con la fede nel guru. Tuttavia questa cosa non avviene molto oggi perchè ci sono troppe divergenze sul processo di apprendimento; gli studenti vogliono imparare molte cose da molti maestri e come risultato rimane poca fede o relazione tra il guru e l'allievo: questo influisce moltissimo sul modo di suonare.

Quindi lei crede che un vero artista può formarsi solo attraverso il sistema guru-shishya?

Sì, è così. Un artista deve studiare sotto un singolo maestro per molto tempo per imparare pienamente e correttamente. Deve svilupparsi una fede tra insegnante e studente.

Qual'è la sua reazione alla critica purista, che vede deviazioni negli altri aspetti musicali come la "fusion" o la "diluizione" della forma classica?

E' veramente una tragedia, perchè è solo una parte della storia. Perchè uno dovrebbe vederla come "diluizione dell'arte"? E' solo un sano, crescente cambiamento, dove si solleva ciò che è buono da diversi generi musicali. Se il risultato finale è la melodia, non c'è niente di male a creare questa musica. Se la musica classica ha la sua profondità e ricchezza, e poi uno ascolta qualcosa in uno stile più leggero, può essere ancora piacevole. Non c'è danno nel tentare una fusione musicale. Ci sono solo due tipi di musica, buona e cattiva, e poichè la fusion prende ciò che vi è di meglio dai vari stili, non vedo perchè dovrebbe essere criticata o considerata una diluizione.

Cosa può fare la musica classica per allargare la sua influenza verso il pubblico? Crede che inserire altri generi come la Fusion o il Pop indiano sia un modo per i musicisti classici di attirare più ascoltatori alla loro arte?

Il fatto è che oggi la musica è un mezzo visivo invece che uditivo ... credo che come artisti si debba creare musica buona, chiara, a prescindere dal genere. Se la musica alla fine è piacevole alle orecchie e melodiosa, è buona. Quello è sempre il mio primo obiettivo come musicista.