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FLAUTOBANSURI

Intervista ad Hariprasad Chaurasia

Di Choodie Shivaram, Bangalore, India - Hinduism Today - Ottobre 1995

A che età incominciò a studiare musica?

Iniziai a dieci anni. Ero appassionato di musica e la ascoltavo alla radio. Iniziai ad imparare la musica vocale hindostana dal Pandit Rajaram, mio vicino di casa. Egli riconobbe il mio talento e mi incoraggiò moltissimo. Però mio padre era un lottatore e desiderava fortemente che suo figlio intraprendesse il combattimento. Ero molto spaventato da mio padre. Lui ascoltava la musica ma non ne era molto interessato. Non voleva che nessuno di noi studiasse musica. Così iniziai a studiarla senza la sua guida. Praticavo segretamente a casa di un mio amico.

E sua madre, lo sapeva?

Mia madre morì quando avevo quattro anni e mezzo. Non ricordo di averla vista. Mio padre non si risposò, e sostenne da solo il peso di allevare quattro bambini. Era molto severo. Ero sempre spaventato quando lo vedevo.

Le manca sua madre?

Sì, persino oggi. In tutta la mia vita ne ho sentito la mancanza. Ogni volta che vedo un bambino con sua madre sento un dolore al cuore. Non ho neppure una sua fotografia, è presente solo nella mia immaginazione, la vedo sotto forma di dea.

Perchè passò alla musica strumentale?

Per qualche motivo non mi piaceva molto la mia voce. Dopo aver studiato canto per due anni, decisi di passare al bansuri. Avevo ascoltato dal vivo il grande maestro Pandit Bholanath di Benares. Immediatamente mi abbandonai a lui e divenni suo discepolo.

Quando diede il suo primo concerto?

Avevo quattordici anni, era un concerto molto corto. Poi lasciai la casa ed andai a Cuttack, Orissa, dove lavorai alla All India Radio nel 1954. Avevo circa 19 anni.

Come reagì suo padre al suo abbandono della famiglia?

Era scioccato e molto ferito. Tuttavia era anche felice che avevo trovato un lavoro di quel livello. Quando sei molto entusiasta di fare qualcosa e ti arriva un'opportunità, non sei scontento di rinunciare a qualcosa. Non mi sento infelice o rimpiango di aver lasciato la famiglia.

Avrebbe potuto diventare un buon lottatore?

No. Non ero molto bravo. Mi allenavo solo per far piacere a mio padre. Ma probabilmente a causa della forza e dell'energia che poi ho sviluppato, sono in grado di suonare il bansuri ancora oggi.

Come fu il suo periodo alla radio?

Vi partecipai come accompagnatore dei grandi musicisti nei loro concerti. Potevo praticare da 12 a 14 ore al giorno. A casa, era difficile praticare per due ore. Poi mi dimisi dalla radio e girai ovunque con i grandi musicisti. Desideravo molto diventare un professionista. L'unica cosa che volevo era padroneggiare l'arte; anzi, era una volontà divina.

Poichè lei non viene da una famiglia di musicisti, quanto fu difficile trovare un guru?

Ebbi un periodo molto difficile. Facevo una grande fatica. Finchè nel 1966, trovai un vero guru in Ma Annapurna Devi. Era la figlia del grande maestro Ustad Allauddin Khan e la moglie di Pandit Ravi Shankar. Tutte le volte che andavo da lei, mi mandava via dicendo: "Perchè vuoi lezioni da me? Io non insegno, vai da mio marito, lui ti insegnerà". Ero deluso che dopo dieci anni avevo finalmente trovato un vero guru e quello mi rifiutava. Attesi per tre anni. Alla fine, la mia persistenza convinse Ma Annapurna Devi del mio autentico interesse per la musica. Mi accettò come suo discepolo.

Chi sono le persone che l'hanno maggiormente ispirata?

La mia ispirazione veniva dall'ascolto dei grandi maestri. Il Signore Krishna mi ispirò a suonare il flauto. Non ci sono Sue registrazioni, tuttavia Lui è sempre qui che mi guida.

Lei è uno dei più grandi musicisti indiani attuali. Come si sente ai vertici?

Non c'è un massimo livello nella musica. Non mi sento del tutto esultante. Sto ancora combattendo per l'eccellenza. Devi ascoltare i grandi maestri, avere una sensibilità musicale, praticare duramente, ricercare ed usare l'immaginazione. Sto sempre imparando. Non ho mai dato nessun miglior concerto. Non sono soddisfatto. Posso esser diventato famoso, ma la lotta continua ad ogni livello.

Come si relaziona al suo pubblico?

Quando suono, non lo faccio per la gente. Suono per quel Potere superiore che sta fra la gente e me. Tra il pubblico ci sono diversi tipi di persone, ed è difficile soddisfare tutti allo stesso tempo. Suono per quella Forza. Se quella è soddisfatta e felice, mi sento benedetto.

Si considera un hindù ortodosso?

Bè, non vado quasi mai ai templi. Non trovo il tempo. In questo senso non sono religioso. La mia religione è la mia musica. Il Signore Krishna è il mio dio. Ogni volta che desidero pregare, ogni volta che voglio meditare e concentrarmi, prendo il flauto. Posso sentire Dio. La sensazione è difficile da spiegare, ma quando vi sono dentro, mi sento perso.

Gli stancanti orari di viaggio influenzano in qualche modo la sua musica?

Il flauto è uno strumento che più lo suoni più ti dà forza. Come gli esercizi di respirazione dello yoga. Sono in grado di aumentare la forza del mio respiro suonando di più. Però siccome viaggio non ho molto tempo di praticare.

Come trascorre la sua tipica giornata?

La mia giornata inizia alle cinque del mattino. Prendo il bansuri e suono finchè sono stanco. Trascorro tutto il tempo immerso nella musica. Non so quanto dormo. Persino quando dormo penso alla musica.

Durante il tempo dell'intervista ho potuto vedere sfumature di tristezza sul volto espressivo di Hariprasad Chaurasia. La sua voce gentile tradisce un patos infantile. Anche se fuori contesto, gli ho chiesto se era un uomo sofferente, in un tono amorevole, quasi materno.

Sì, sono molto triste. Le difficoltà della mia infanzia hanno lasciato un profondo solco in me. Tutto è stato difficile nella mia vita. Ma ora sono più forte ed in grado di pensare in positivo. Quando tutto è in armonia, sono felice.