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FLAUTOBANSURI

Intervista a Raghunath Seth, discepolo di Pannalal Ghosh

di Sarika Ravindran

Panditji, ci dica il motivo per cui ha iniziato a studiare il flauto. Come è stato introdotto in questo strumento?

Lo strumento mi affascinava da quando ero un bambino. Il suo suono era qualcosa verso cui mi sentivo naturalmente attratto. Sebbene nessuno nella mia famiglia studiasse il bansuri, eravamo una famiglia amante della musica. Così tutto iniziò quando presi in prestito un flauto ed iniziai a suonare delle melodie popolari, semplicemente perchè mi piaceva.

Che età aveva quando iniziò a praticare?

Circa 11 anni. Ma iniziai soltanto imitando le canzoni dei film. Ascoltare le registrazioni era solo un'attività molto piacevole, ma la serietà dello studio venne gradualmente, mentre realizzavo che ero molto attratto dallo strumento. Successe quando iniziai ad imparare da Ratanjankarji e Pannababu (Pandit Pannalal Ghosh) in Bombay, era il 1951.

Così si trasferì da Gwalior a Bombay dove studiò sotto il famoso flautista Pannalal Ghosh.

Sì, mio padre stava lavorando nell'ufficio di un agente politico nel periodo pre-indipendenza, a Gwalior, ed era un lavoro trasferibile, così andammo via da Gwalior, e nello stesso periodo io iniziai a prendere il flauto seriamente, e studiare sotto Ratanjankarji e Pannababu.

Quale crede sia la sfida per un musicista classico, in opposizione alle altre forme musicali?

Bè, lei vede che ciò che distingue la musica classica è che non c'è fine in essa. E' una combinazione di applicazione della propria facoltà creativa, per produrre frasi musicali con l'immaginazione, e di capacità di stare dentro il ritmo, le note, l'intonazione ... tutto questo insieme per creare la musica. Una sintesi di parecchi fattori complicati ciascuno dei quali presuppone un profondo, interminabile studio. Si pensa sempre a nuove strade, nuovi canali di creatività nell'offrire la musica, molti dei quali avvengono spontaneamente mentre si suona: questo rende la musica classica assai stimolante.

Com'era il suo rapporto con Pannalal Ghosh ... quali furono le sue influenze nella sua musica ... qualcosa di importante nel suo insegnamento musicale che l'ha colpita?

Era un grande concertista, senza dubbio il migliore del suo tempo. Una personalità pionieristica che portò il flauto nel mondo concertistico classico. Ma la mia personale esperienza nello studiare sotto di lui, mi fece capire meglio il flauto e sperimentare più possibilità. Per esempio, il flauto non dovrebbe essere ristretto solamente a suonare il Khayal, per cui ho iniziato a mischiare il Tantrakari Ang con lo stile Khayal intorno al 1955. Sotto la guida di Pannababu, credevo ci fosse moltissimo da tirare fuori dallo strumento.

Lei in Occidente è stato sia insegnante che concertista. La fruizione occidentale è differente da quella dell'India in termini di apprendimento, comprensione ed identificazione con la musica indiana?

Per via della tradizione, gli indiani sono consapevoli della loro musica, c'è una lunghezza d'onda che in qualche modo collega il concertista al pubblico. Tuttavia in India è anche presente una sovraesposizione degli artisti, a causa della quale la tendenza generale si muove meno verso l'interesse e l'apprezzamento e maggiormente verso la critica, poichè gli artisti sono già stati ascoltati innumerevoli volte ... è vero che la serietà ed il modo corretto di ascoltare si vedono maggiormente in Occidente. Dopo tutto , la musica è ciò che riguarda la creazione di bei suoni. La grammatica viene dopo. Qualsiasi cosa suoni bene all'orecchio è apprezzata, ed il pubblico occidentale è sveglio in questo. Esso ascolta con cura e serietà, ed apprezza la musica a prescindere dall'aver eseguito una certa tecnica o linguaggio. Queste cose per gli occidentali sono secondarie, per loro la musica in termini di qualità viene prima del resto.

E riguardo all'insegnamento agli studenti occidentali ... com'è stata l'esperienza di aver insegnato in università come Oxford e Cambridge?

Penso che all'estero gli studenti di musica abbiano un modo di vedere molto serio, sono sempre ben preparati, non c'è mai perdita di tempo; però allo stesso tempo devo sottolineare che in India gli studenti crescono con una costante esposizione ed affinità per le melodie indiane. Questo è qualcosa che viene molto più tardi agli studenti occidentali ... succede, ma in ritardo. In certi casi il fatto di non conoscere il linguaggio può essere un serio ostacolo per loro, ad esempio se uno sta imparando un Thumri nella musica vocale, diventa difficile riprodurlo senza conoscere il significato del suo contenuto. Ma a parte queste cose, insegnare in Occidente è un'esperienza davvero soddisfacente.

Lei pensa che la musica indiana sia qualcosa che è possibile insegnare in classe contrariamente al sistema guru-shishya-parampara, dove l'insegnamento è individuale, naturale?

Non credo, la musica indiana non può essere portata al cento per cento nelle classi, è un insegnamento che avviene con la fede nel guru. Tuttavia questa cosa non avviene molto oggi perchè ci sono troppe divergenze sul processo di apprendimento; gli studenti vogliono imparare molte cose da molti maestri e come risultato rimane poca fede o relazione tra il guru e l'allievo: questo influisce moltissimo sul modo di suonare.

Quindi lei crede che un vero artista può formarsi solo attraverso il sistema guru-shishya?

Sì, è così. Un artista deve studiare sotto un singolo maestro per molto tempo per imparare pienamente e correttamente. Deve svilupparsi una fede tra insegnante e studente.

Qual'è la sua reazione alla critica purista, che vede deviazioni negli altri aspetti musicali come la "fusion" o la "diluizione" della forma classica?

E' veramente una tragedia, perchè è solo una parte della storia. Perchè uno dovrebbe vederla come "diluizione dell'arte"? E' solo un sano, crescente cambiamento, dove si solleva ciò che è buono da diversi generi musicali. Se il risultato finale è la melodia, non c'è niente di male a creare questa musica. Se la musica classica ha la sua profondità e ricchezza, e poi uno ascolta qualcosa in uno stile più leggero, può essere ancora piacevole. Non c'è danno nel tentare una fusione musicale. Ci sono solo due tipi di musica, buona e cattiva, e poichè la fusion prende ciò che vi è di meglio dai vari stili, non vedo perchè dovrebbe essere criticata o considerata una diluizione.

Cosa può fare la musica classica per allargare la sua influenza verso il pubblico? Crede che inserire altri generi come la Fusion o il Pop indiano sia un modo per i musicisti classici di attirare più ascoltatori alla loro arte?

Il fatto è che oggi la musica è un mezzo visivo invece che uditivo ... credo che come artisti si debba creare musica buona, chiara, a prescindere dal genere. Se la musica alla fine è piacevole alle orecchie e melodiosa, è buona. Quello è sempre il mio primo obiettivo come musicista.