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INTERVISTA

Federica Delucchi: intervista a Lorenzo Squillari

Trovo molto riduttivo racchiudere in poche righe la storia del Bansuri, uno dei flauti più antichi al mondo. Il mio intento è presentare ai lettori questo nobile strumento attraverso l’intervista a Lorenzo Squillari, persona preparata su questo soggetto.

Lorenzo Squillari studia, ricerca, costruisce e insegna il Bansuri da più di 30 anni. Ha iniziato studiando il flauto traverso e il sassofono jazz.
Nel 1981 inizia lo studio del Bansuri presso la scuola del leggendario Maestro Ustad Ali Akbhar Khan, figlio di Baba Allauddin Khan.
Dal 2002 è docente di flauto Bansuri presso il Conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza, che ha istituito il Corso di Tradizioni Musicali Extraeuropee a Indirizzo Indologico, unico del suo genere in Europa.

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Parlaci del Bansuri:

KrishnaIl flauto è comune a tutte le culture della terra. È probabile che i nostri antenati lo scoprirono agli albori della storia ascoltando il sibilo che il vento crea quando soffia nei canneti, attraversa i buchi rosicchiati da insetti o uccelli. Incuriositi, è possibile che iniziarono essi stessi a forare le canne e a usare le dita per produrre suoni e melodie.

Il nome Bansuri proviene dal Sanscrito bans (bambù) e sur (nota musicale) ed è parte integrante della cultura indiana. Esso viene descritto nei Veda, le più antiche scritture Hindù; è raffigurato in numerosi bassorilievi di molti templi ed è dipinto su testi Buddhisti di oltre 2000 anni fa. Essendo lo strumento scelto dalla divinità Krishna, è molto comune nelle case e nei luoghi pubblici indiani trovare l’immagine di questa sorridente figura intenta a suonare il bansuri.

 

Pandit Pannalal GhoshAnticamente il Bansuri era un flauto di piccole dimensioni suonato più che altro da monaci erranti, pastori e menestrelli. Era usato per accompagnare danze e per musica popolare, ma poco considerato nella musica classica delle corti. Il merito della divulgazione del flauto Bansuri, già dalla metà del secolo scorso in India e in Occidente, si deve al flautista Pandit Pannalal Ghosh (1911-1960).

 

 

 

 

 

Pandit Hariprasad ChaurasiaAi giorni nostri, il più importante rappresentante del Bansuri è Pandit Hariprasad Chaurasia (1938), Maestro conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo per il suo grande virtuosismo, e per la sua collaborazione a progetti musicali con orchestre classiche e della World Music.

Egli è un esponente della Seni Gharana (famiglia o discendenza musicale) in quanto discepolo della figlia di Baba Allauddin Khan, Annapurna Devi.

 

 

 

bansuriIl Bansuri viene suonato principalmente nella musica Indostana del nord dell'India. Lo strumento consiste in un segmento di bambù col foro per il labbro e sei fori per le dita. La tonalità, o tonica, si ottiene chiudendo solo i primi tre fori della mano sinistra, dando la possibilità di poter scendere alla quinta, chiudendo tutti i sei fori. Le tonalità più usate sono G,F,E,D. Se accuratamente intonato ha un'estensione di quasi tre ottave cromatiche.

 

La struttura melodica, che è la base della musica classica dell’India, è il Raga. Il termine Raga deriva da Rasa (ciò che colora la mente o l'essenza dell'anima). In termini pratici, esistono un'infinità di scale modali con le quali si costruiscono particolari strutture musicali. Esse seguono nell'esecuzione, precise regole relative alle frasi melodiche consentite o vietate. Una particolarità rispetto alle scale occidentali consiste nel fatto che in molti casi le note di uno stesso R?ga sono differenti a seconda che vengano eseguite in salita o in discesa. I Raga cambiano a seconda dell'ora della giornata e della stagione: vi sono Raga del mattino, del pomeriggio, della sera o della profonda notte; Raga della luna piena, della primavera, delle piogge.

INTERVISTA
1 Quale è stata la motivazione iniziale che ti ha avvicinato al Bansuri ?

R Non mi è mai piaciuto leggere lo spartito, forse per un mio problema visivo. Ho sempre preferito improvvisare, cercando la musica fresca e spontanea nel momento. A Londra ho imparato le basi e il linguaggio del flauto d'argento nei ritagli di tempo che avevo fra lo studio dell'inglese e i vari lavori che facevo per vivere. Spesso, nei pub e nei parchi ci si trovava a suonare: era l'epoca del free jazz e dell'espressione spontanea. In principio, sono stato ispirato a suonare il flauto da personaggi come Erick Dolphy e Jeremy Steigh. Poi il be-bop cominciò a pesarmi per la sua frenetica intensità. Il primo disco vagamente indiano che ascoltai fu "Inside the Taji Mahal" del flautista Paul Horn. Iniziai a percepire un modo nuovo di suonare. Meno spinto, più calmo e meditato, con pause, echi e note sostenute. Per mesi ascoltai quel disco imitandone il fraseggio col mio flauto.

Era il periodo in cui, nella mia generazione, si era scoperto l'interesse per le arti e le filosofie Orientali. L'India era diventata una forte attrazione. Vecchi autobus colorati facevano la spola da Londra all'India carichi di giovani alla ricerca di nuove esperienze. Anch'io nella primavera del 1978 partii per un lungo viaggio via terra fino all'India e successivamente attraverso il Sud Est Asiatico fino al Giappone. Ricordo il mio primo incontro col Bansuri a Benares, sulle rive del Gange. Un anziano musicista mi incantò col suo vecchio Bansuri, tenuto assieme da fili colorati e nastro adesivo. La sua capacità tecnica ed espressiva dava vita a bellissime melodie ed intricate variazioni. Era il modo che stavo cercando di suonare col flauto traverso nella mia cruda semplicità senza però conoscere le radici della trama che tiene tutto unito: il Raga.

2 Hai viaggiato molto- Giappone, America, India- questi viaggi ti hanno influenzato nelle tue scelte musicali?

R Nel 1980, dopo un anno molto intenso vissuto a Tokyo, intrapresi un viaggio in bicicletta che mi portò fino all'isola di Hokkaido nell'estremo nord del Giappone. A Sapporo conobbi un allievo Californiano di Ustad Ali Akbar Khan. Egli mi fece ascoltare le registrazioni del suo maestro, e ne fui molto affascinato e diventammo molto amici. Così, tornato a Tokyo, rifeci i bagagli e mi trasferii a Sapporo dove ripresi a fare l'insegnante di Inglese ma con la possibilità di studiare con il mio nuovo maestro. Quando in seguito, i miei due anni di visto studentesco erano ormai prossimi alla scadenza, lasciai il Giappone. Era maggio del 1981, e andai a visitare la scuola del Maestro Ali Akbar Khan a Nord di San Francisco. Diventare un musicista di musica Indiana certamente non era nei miei piani, l'intenzione era di migliorare il mio modo di comporre ed improvvisare. Invece di rimanere solo qualche mese, scelsi di seguire il Maestro, e rimasi presso di lui quasi ininterrottamente, fino al 1990.

image04a3 Mi puoi parlare del tuo Maestro ?
R Ali Akbar Khan (1922-2009) è stato il più grande esponente della Musica Classica Indiana dei nostri giorni. In India era considerato "tesoro nazionale vivente". E' stato ammirato ed apprezzato dai musicisti orientali come da quelli occidentali. Grazie alle sue brillanti composizioni e alla sua maestria nel suonare il Sarod (liuto indiano a 25 corde), il violinista Lord Yehudi Menuhin lo definì "un assoluto genio, il più grande musicista al mondo", e molti lo hanno considerato "il J.S. Bach Indiano".

Primogenito di Baba Allhaudin Khan, nel 1955 fu invitato a suonare al museo d'arte moderna di New York. Però i tempi per la musica Indiana non erano ancora maturi. Bisogna attendere il 1967 quando tramite i Beatles, Pandit Ravi Shankar, discepolo di Allaudin Khan, introdusse la musica indiana al giovane pubblico americano che a quell’epoca era immerso in profondi cambiamenti culturali. Ustad Ali Akbar Khan fu dapprima invitato dal Dipartimento di Musica Orientale dell'Università di Berkeley in California. Visto il grande interesse riscontrato in quell'epoca creativa e stravagante, con l'aiuto di vari grandi personaggi come Carlos Santana, George Harrison, il famoso fisico quantistico Frijioff Capra, i Greatful Dead e una moltitudine eclettica di personaggi colpiti dal suo genio creativo, nel 1968 fondò l'Ali Akbar College of Music a San Rafael, vicino a San Francisco. Dedicò la sua vita a far conoscere la musica della sua famiglia nel mondo, per fare in modo che non si perdesse offuscata dalla modernizzazione. Era un insegnante molto esigente: dava e pretendeva la massima attenzione. Ci suggeriva di lasciare perdere le attitudini intellettuali e analitiche tipiche del nostro modo di studiare, e al contrario di esercitare l'ascolto e la sensibilità. "Smettetela di fare domande: ascoltate e suonate ed eventualmente, tutto vi sarà chiaro." Frasi come questa erano molto ricorrenti. Eppure il suo metodo non privilegiava nè escludeva nessuno. Chiunque mostrava interesse, fosse egli un principiante o un famoso musicista, era benvenuto. La sua devozione alla musica era totale. Non era raro vedere chi lo ascoltava, piangere, commosso dalla profondità che la sua musica evocava. Non gli sfuggiva nulla e sotto il suo sguardo in pochi minuti ci si rendeva conto d'essere di fronte ad una persona molto speciale. Alcune migliaia di studenti sono passati attraverso la sua scuola, che è stata fondamentale per l'introduzione della musica Indiana in Occidente.

4 Che cosa ti ha fatto scegliere di studiare col tuo Maestro e di diventare un insegnante di musica Indiana ?

R In Giappone rimasi molto colpito dalla concezione tradizionale secondo cui l'essere umano, per completare se stesso, dovrebbe trovare un’arte o un mestiere, e guidato da un Maestro, che sia un musicista o un giardiniere, imparare come meglio vivere gli aspetti materiali e spirituali della vita: tramite chi ha già percorso la stessa via prima di noi, si può accedere a profonde conoscenze o perlomeno si accorcia il cammino. Quando incontrai Ustad Ali Akbar Khan, ero pronto a sostenere la sua ferrea disciplina ed enigmatica personalità. Senza l'esperienza precedente fatta in Giappone, non avrei resistito perché ero come un ragazzino alla presenza di un genio. Mi incoraggiò a continuare, mi disse che se avessi superato gli ostacoli iniziali, la Dea Saraswati, l'equivalente della nostra Santa Cecilia, mi avrebbe aiutato. Nel 1984, incontrai per la prima volta, in California, il grande flautista Pandit Hariprasad Chaurasia. Ricordo un concerto di altissimo livello con un Raga di sole 5 note. A quel punto non ebbi più dubbi, mi sarei dedicato al bansuri per la vita.

Ricordo molto bene il momento quando il mio maestro, Ustad Ali Akbar Khan, mi disse queste parole: "Porta questa musica nel tuo Paese in modo che non scompaia." Molto inaspettatamente a dicembre del 2001, il Maestro Enrico Anselmi, ideatore e fondatore del corso di laurea di musica Indiana, mi chiamò per insegnare al Conservatorio di Vicenza: fu un bellissimo regalo di Natale. Mi dà molta soddisfazione dedicare il mio tempo all'insegnamento. Mi sento utile a chi come me sente la stessa passione creativa. Inoltre posso continuare a studiare e ripassare le lezioni e la musica appresa dal mio maestro in compagnia dell'intima concentrazione dei miei allievi. Quando uno insegna, due imparano.

image03a5 Quanto la Religione influisce sul Bansuri e sulla musica Indiana?

R La musica Indiana nacque nei templi come musica devozionale ed è conosciuta come Nada Yoga (yoga del suono), che è nutrimento spirituale per l'anima. Come Yoga, la sua funzione è di calmare il corpo e lo spirito, e di aprire nuovi sentieri di comprensione di noi stessi in relazione a tutta la vita che ci circonda.
La pratica del Bansuri consiste nel focalizzarsi sull'intonazione, sulla concentrazione e sulla meditata ripetizione delle frasi del Raga. Intonarsi con lo strumento è un potente modo di focalizzare la mente e di ripulirla. Seduti nella posizione del loto con la colonna vertebrale dritta, attraverso il soffio e il corretto uso della respirazione, l'io diventa più consapevole. Attraverso la ripetizione di scale e di esercizi, la mente si calma. I pensieri devono essere mantenuti al minimo per non perdere l'intonazione nè il Raga. A questo scopo, si è molto aiutati dalla Tampura, uno strumento a corde che produce un bordone continuo intonato sulla tonica. Oltre ad aiutare a trovare la giusta intonazione, il suono del Tampura serve a cancellare i rumori esteriori creando un protettivo tempio di suono.

6 Le finalità della musica Indiana non è legata necessariamente all’esibizione pubblica, questo può essere un freno per i giovani musicisti?

R L’apprendimento del Bansuri, come per tutte le Arti Orientali, è una stretta relazione tra Maestro e discepolo. Era normale per il discepolo, pur non essendo membro della stessa famiglia, vivere per molti anni con il Maestro. Durante le lunghe ore di pratica giornaliera, lo studente poteva essere costantemente corretto ed era sempre disponibile a ricevere lezioni secondo l’ispirazione del Guru, assicurando il passaggio e mantenimento della conoscenza. Lo stretto legame si celebrava con un rito che univa Maestro e discepolo per tutta la vita. Solo con l'approvazione del Maestro, l'allievo poteva suonare in pubblico. Le esibizioni non erano incoraggiate forse per paura di mancare di rispetto alla musica. E' molto difficile per un giovane allievo rendere onore all'esposizione di un Raga in forma classica; solo dopo tanti anni di costante pratica se ne incominciano a capire le profondità.

Negli ultimi decenni, le motivazioni e le esigenze della vita sono molto cambiate. L'assenza di ricchi mecenati, che in passato mantenevano i musicisti di corte, ha obbligato le famiglie di musicisti (gharana) a uscire nel mondo. I grandi musicisti sono in tour per molti mesi all'anno e il controllo che hanno sui loro allievi si è molto allentato. Con l'avvento di internet le differenze fra scuole (gharana) si sono assottigliate. Ora è possibile ascoltare e suonare di tutto con chiunque. Nuovi stili di interpretare i Raga in forma più leggera e moderna, come con la World Music e la Fusion, sono molto in voga. Volendo, i giovani musicisti hanno molte opportunità di suonare in concerti, in festival di musica, in centri Yoga e altri eventi pubblici. Chi sente il desiderio di esibirsi in pubblico con un po' di ricerca troverà sicuramente le situazioni a lui congeniali.

7 Come sei arrivato a costruirli ? dove hai imparato?

R Ho costruito il mio primo flauto nell'isola di Hokkaido, così per gioco, aiutato da un simpatico compagno di bicicletta conosciuto in un tempio durante il viaggio. Con un coltellino abbiamo inciso il fusto di un'erba gigante che ho poi scoperto chiamarsi Angelica Arcangelica. Leggera e delicata, ha le stesse dimensioni del bambù e quando è secca, si lavora molto facilmente. Quando studiavo il Bansuri dal mio Maestro, ero scontento dei flauti di importazione disponibili sul mercato quindi iniziai a farli da solo, per me e per pochi amici. Ogni inverno il Maestro andava in tour in India, così nelle pause invernali del 1983, '84, e '85, mi recai nelle foreste del Messico e del Guatemala per esplorare le varietà locali di bambù tropicale. Vissi tutto l'inverno del 1987- '88 nelle isole Hawaii costruendo bansuri e flauti di Pan che vendevo ai turisti in vacanza. Qui cresce spontaneo un bambù eccellente che tradizionalmente veniva usato per costruire flauti che venivano suonati con le narici dai popoli nativi. Purtroppo ormai anche di questi flauti è rimasto solo un lontano ricordo. Quando nel '91 tornai stabilmente in Italia, il Bansuri era ancora pressoché sconosciuto, anche se solo fino a cinquant'anni prima, in ogni regione si suonavano svariati tipi di flauti di canna. Mi misi quindi a costruirli e a farli conoscere in tutti i modi possibili.

image02a8 Cosa determina un buon Bansuri ? come lo costruisci ?

R Bastano pochissimi attrezzi: un fuoco, dei punzoni di ferro, della carta vetro, ma soprattutto occorre un buon orecchio. Con le punte roventi, si fanno dei piccoli fori e con tanta pazienza si limano fino ad ottenere la giusta intonazione. Ci vuole del buon bambù con segmenti lunghi, senza internodi ravvicinati. Questo bambù è molto difficile da reperire perché i nostri rigidi inverni non ne permettono la crescita. In India, il bambù più quotato proviene dall'Assam, uno stato del Nord Est ai piedi dell’Himalaya. In quelle foreste pluviali cresce molto rigoglioso. Tuttavia ho trovato il bambù che cresce sulle pendici del vulcano Mauna Kea sulla Grande Isola di Hawaii altrettanto valido. Esso fonda le sue radici e trae nutrimento dai vecchi sedimenti lavici ricchi di silicio che gli regalano una consistenza molto sottile, compatta e sonora.

Il segmento deve essere uniformemente cilindrico con la parete sottile, solida e uniforme. Il bansuri, per suonare intonato e ben bilanciato nelle tre ottave, deve essere costruito da un solo segmento (senza internodi). Ogni pianta matura, è composta da segmenti con pareti più larghe e spesse alla radice e segmenti sempre più fini avvicinandosi alla cima. Con la base della pianta ci si costruiscono dunque i grandi flauti bassi; con le punte gli ottavini.
Dopo la raccolta, il bambù necessita di almeno 5 anni di stagionatura. Ogni segmento di bambù ha misure e qualità timbriche diverse; come non ci possono essere due piante uguali non si possono avere due bansuri gemelli. Se costruire un flauto in Bambù di passabile intonazione può sembrare relativamente semplice, costruirlo perfettamente intonato è estremamente difficile, quasi impossibile. Facendo attenzione alle foto e alle copertine dei dischi dei maestri, si nota che hanno sempre bansuri nuovi: tutti siamo alla ricerca del perfetto strumento.

9 Se dovessi descrivere il suono del Bansuri come lo definiresti?

R Quando l'intonazione del bansuri raggiunge la perfezione, chi lo suona si sente immerso in uno spazio eterico e vuoto.
Gli effetti musicali e le complessità emozionali possibili sono rese ancora più interessanti dalla semplicità della sua struttura.
L'assenza delle chiavi crea un contatto diretto delle dita sulla colonna d'aria che fuoriesce dai fori permettendo di intonare dei delicati glissandi che danno un'armoniosa rotondità alla melodia.
Il suono può anche essere cupo e triste per riflettere una sensazione di nostalgia innata nell'anima umana.
Secondo la letteratura e il folclore, il bambù suonando rilascia dei tristi lamenti perché chiede di tornare nella foresta da cui è stato separato.

10 Trovi affinità e differenze tra la musica jazz e la musica indiana? e con la musica classica europea?

R Il musicista Jazz e il musicista Indiano hanno in comune modi molto simili di esplorare e creare melodie e variazioni su scale. In ambedue gli stili, la spontanea comunicazione fra strumenti e percussioni è stata portata ad altissimi livelli creativi.

La performance indiana inizia molto lentamente, esplorando il Raga gradualmente, una nota alla volta, in un progressivo crescendo. Quando, dopo l'introduzione (Alaap) entrano i Tabla, la percussione di accompagnamento, il dialogo fra i due strumenti, fra ritmo e melodia, viene elevato fino a ritmi molto sostenuti con finali di una sincronia matematica e telepatica esplosiva. La composizione classica indiana rimane sempre nella stessa tonalità, nella musica Jazz la tonalità si sposta continuamente nella sua progressione armonica. Negli anni '60 e '70, la nuova tendenza del Jazz Modale venne sviluppata da innovatori ispirati dalla musica dell'India: John Coltrane, Miles Davis, John MacLaughlin, Charles Mingus, Keith Jarret per nominarne alcuni.

La performance indiana è generalmente un intimo dialogo spontaneo fra un solo strumentista e il percussionista accompagnati dalla Tampura.
I risultati sono sempre diversi ed imprevedibili. La musica classica europea invece è un enorme lavoro di gruppo in cui tutto è strettamente pianificato e minuziosamente ricreato fin nel minimo dettaglio. L'essenziale punto di forza dell'orchestra sta nella polifonia, nell'armonia e nel contrappunto. Per poter creare grandiosi effetti sinfonici bisogna per forza sostituire la scala naturale con la scala temperata. Tradizionalmente i musicisti indiani non svilupparono queste qualità ma approfondirono l'assoluta purezza delle note e la ricerca dei microtomi (Shruti).
Le differenze ci sono ma non sono poi così grosse. Gli antichi i saggi Indiani erano da millenni consapevoli del fatto che tutto è suono. Ora i nostri fisici e matematici lo possono provare scientificamente.

image01a11 Pensi che il Bansuri sia un completamento per un flautista classico ?

R In effetti, ho notato che gli allievi di flauto iscritti nei Conservatori sono un po' restii a provare il Bansuri, sembrano titubanti ad esplorare una nuova cultura musicale. Ciò è molto comprensibile, il repertorio concertistico classico è così ricco e variegato che può facilmente impegnare il serio studente per una vita di studio e di pratica.
La produzione del suono nelle 3 ottave è identica, mentre la diteggiatura è leggermente diversa in quanto nel bansuri sono le falangi delle dita a chiudere i fori e non i polpastrelli. I semitoni si ottengono chiudendo a metà il foro permettendo un'accurata ricerca dei microtoni. Chi proviene dal flauto traverso a volte può trovare fastidioso dover cambiare l'impostazione delle mani, specialmente per i semitoni.
Nella mia esperienza ho notato che in pochi mesi si può facilmente apprendere la nuova tecnica con molti effetti positivi .

Sicuramente la musica indiana ha moltissimo da offrire a tutti; sia all'insegnante di musica che all'appassionato di Jazz, e certamente allo studente di composizione. Chi ama improvvisare ne rimane molto affascinato e alcuni che non vogliono dedicarsi ad un nuovo strumento, suonano sul traversiere lo stile indiano. Per i bambini, un flautino di bambù può essere la scelta perfetta per iniziare ad emettere i primi suoni. A confronto dell'ottavino di metallo, il bambù è leggero, robusto e tollera molti abusi; inoltre la spesa è minima.

12 Il fatto che la musica indiana si tramandi oralmente dal maestro all’allievo pensi che sia un limite alla creatività. ? Nel senso che scrivendo puoi ottenere più facilmente e subito ciò che oralmente diventa più faticoso.

R Nella musica Occidentale si impara un pezzo attraverso la lettura dello spartito, con la finalità di interpretarlo fedelmente come fu pensato dal compositore. Nella musica indiana, invece, lo scopo principale dell'allievo è di apprendere e interiorizzare i movimenti caratteristici di ciascun Raga, e di farli propri. L'insegnamento orale serve anche per esercitare l'attenzione e la memoria dell'allievo; per rinforzare le sue capacità di catturare al volo qualsiasi idea musicale gli venga data dal Maestro. Questa tecnica ci aiuta a stabilizzare le nostre idee e a poterle riprodurre senza dimenticarle. Solo attraverso lo studio con un Maestro che abbia una buona tradizione alle spalle si possono apprendere i delicati e intricati passaggi dei Raga. La sola scrittura non riuscirebbe a trasmettere le sfumature che danno personalità e vitalità ai Raga. Senza gli obblighi dello spartito, il musicista indiano è libero di comporre a piacimento, muovendosi sempre all’interno delle regole del Raga.

13 Il conservatorio di Vicenza ha aperto l’unica cattedra in Italia di Bansuri: hai trovato interesse nei giovani ?

R Nei miei anni di insegnante passati a Vicenza, sono stato impressionato dalla variegata quantità di persone attratte dal Bansuri. Decine di aspiranti musicisti, professionisti e dilettanti, hanno dimostrato grande entusiasmo sacrificando tante energie in lunghe trasferte da tutta l'Italia per frequentare i corsi offerti dal programma di laurea.
Sì, ci sono giovani che si avvicinano seriamente al bansuri ma sono ancora relativamente pochi. Forse per ragioni culturali, non trovano ancora nelle rispettive famiglie l'incoraggiamento e l'approvazione necessarie per superare le difficoltà iniziali. Purtroppo continuiamo a guardare dall'alto al basso le culture diverse dalla nostra. Secondo me, la musica Classica dell'India non è un fenomeno di moda passeggero ma è destinata a rimanere con noi. Pochi decenni fa, anche lo Yoga era sconosciuto e visto con un alone di sospettoso misticismo. Ora in ogni paese e città vi sono centri e scuole che lo insegnano. Chi avrebbe mai pensato tre decenni fa di poter frequentare corsi di musica Jazz nei maggiori Conservatori italiani?

L'interesse per il Bansuri è destinato ad aumentare nel tempo. Sempre più persone si stanno sensibilizzando e cercano una vita più sana, semplice e spirituale. Quale strumento musicale è più naturale di un gigante filo d'erba vuoto?